Com’è nato «Ridere per non piangere?»
E' nato come libro quasi… «fuori collana.» Certamente non affronta massimi sistemi. E’ una raccolta di miei ricordi, degli anni in cui ho lavorato come consulente per imprese in cerca di nuovi mercati esteri. Quando ho lasciato quel lavoro per occuparmi di ricerca e di formazione, ho pensato di raccogliere in un libro alcune storie vissute insieme ai miei clienti. Alcune sono piuttosto divertenti, spesso nascevano situazioni alquanto comiche. Testimoniano a modo loro una mentalità del fare impresa che forse nei prossimi anni sarà superata, ma che oggi è ancora ben presente, con tutte le sue sbavature, ma anche con i suoi successi, bisogna riconoscerlo.
Quali sono gli obiettivi del libro?
Oltre a essere una piccola memoria personale che condivido volentieri con i lettori, «Ridere per non piangere» è un modo per guardare dietro le quinte della professione di chi accompagna le imprese all'estero, in ruoli diversi. Può capitare di lavorare come traduttore o interprete, per rendere possibile una trattativa commerciale tra imprese che parlano lingue diverse, ma anche di intervenire più a fondo come consulente. A volte ci si deve improvvisare in ruoli e situazioni inaspettate, per risolvere problemi imprevisti. Chi fa da mediatore, in quei momenti, deve trovare l'idea giusta, per far sì che tutto continui a funzionare.
A quali modelli si ispira, «Ridere per non piangere?»
E' una lettura leggera. Una raccolta di memorie, un seguito di piccoli racconti con alcune componenti di ricordi di viaggio, di personaggi caratteristici e situazioni insolite. Lavorando a fianco delle imprese, ho avuto l'opportunità di viaggiare in Paesi non usuali o in epoche storiche particolari, ad esempio nell'Europa dell'est subito dopo la caduta del Muro di Berlino.
A quale lettore si rivolge questo libro?
Il lettore di «Ridere per non piangere» vuole passare qualche ora leggendo dei racconti brevi, sorridendo un po’, ma riflettendo anche su alcuni aspetti meno divertenti. Le insufficienze di molti responsabili di impresa, imprenditori, export manager, rappresentano un limite per un'intera economia. In una realtà globalizzata come quella di oggi, se l'imprenditore, anche il più piccolo, non ha la base culturale per dialogare con partner stranieri, perde delle opportunità che sono perse per tutti, non soltanto per la sua attività.
Com’è stato accolto il libro dai lettori?
Mi ha fatto piacere che alcuni lettori abbiano osservato che attraverso questi racconti si guarda dietro le quinte di un'attività della quale non si parla mai molto: quella dei tanti traduttori, consulenti e persone che si adoperano in molte forme per far dialogare le imprese appartenenti a culture diverse. Hanno suscitato molta curiosità anche i caratteri, i personaggi particolari che emergono dai racconti, tutti rigorosamente autentici.
Quale lavoro c’è stato, alla base di «Ridere per non piangere?»
Un lavoro di… ricostruzione della memoria e di sintesi in forma scritta di episodi sparsi, che mi erano rimasti impressi per la loro particolarità. Per diventare un libro, dovevano essere contestualizzati, rinfrescati, resi accessibili a un lettore che non conosce gli ambienti dei quali scrivo. I fatti dovevano essere raccontati con fedeltà, poiché tutte le storie sono vere. Allo stesso tempo, bisognava alterare nomi e situazioni per non renderli riconoscibili, ma senza che perdessero di autenticità.
Cos’è emerso, durante la scrittura de «Ridere per non piangere?»
Credo che il libro apra, a modo suo, una piccola finestra su un mondo particolare. Quando si leggono i giornali, si ha l'impressione che l'industria sia proiettata verso grandi successi internazionali, che si muova con grande organizzazione. Io stesso, prima di iniziare l’attività di consulenza, pensavo che i contatti internazionali delle imprese poggiassero su strutture solide, grande consapevolezza e certezza degli obiettivi. Entrando in quel mondo, ho scoperto che molto è affidato all'improvvisazione, alla capacità dei singoli, alla chimica personale che si instaura tra i protagonisti. Questo, in fondo, è l’elemento che emerge dai racconti di «Ridere per non piangere.»